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LAURA FASIOLO

EX SENATRICE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

Mai ruolo più alto è stato rivestito da una donna di sinistra della provincia di Gorizia: Senatrice della Repubblica Italiana dal 2013 al 2018. Nell’incontrarla, mi aspetto una persona indurita dai tanti ostacoli di una vita vissuta in prima linea e invece conosco una donna gentile, accogliente, quasi fragile, sinceramente emozionata nel raccontarsi; minuta e solare, dagli occhi vividi e brillanti. Quando parla cerca con cura ogni singola parola in una ricerca lessicale quasi d’altri tempi: non mi meraviglia scoprire che è laureata in filosofia, si percepisce subito dalla ricercatezza del pensiero.

Laura mi ha accolto nella sua bella casa goriziana iniziando la sua intervista interessandosi a me, della mia crescita professionale e omaggiandomi con varie letture: una sorpresa per chi, come me, è abituata ad incontrare il desiderio di raccontarsi piuttosto che l’interesse rivolto all’altro. Ed anche in chiusura, mi ha sorpreso il suo chiedermi se la sua intervista mi fosse piaciuta, ma Laura è chiaramente fatta così: lei tende all’altro, curiosa del pensiero oltre sè. Mi spiega a lungo che per lei è fondamentale il dialogo, il confrontarsi, il capire le ragioni altrui, la ricerca di feeling, tutti aspetti da lei testimoniati attraverso i suoi gesti.

Passare da docente a Preside e poi a Senatrice munita di questa profonda interiorità mi sembra allora ancora più interessante e ambizioso da indagare perché disattende l’immaginario comune di una politica cinica e senz’anima. Non voglio perdere altro tempo, devo assolutamente capire la sua storia che lei ripercorre con molta generosità di particolari da quando insegnava lettere nelle scuole medie e superiori della provincia di Gorizia fino ai giorni d’oggi, sugli scranni del Senato.

Laura, partiamo dall’inizio…

Dopo anni di insegnamento di lettere, sono diventata preside in un concorso nazionale, nell’86. Ero molto giovane ed emozionatissima per aver vinto l’unico posto disponibile in Provincia sui due in Regione. Mi piaceva molto insegnare, papà e mamma erano due insegnanti innovatori, i miei colleghi una famiglia, ma la spinta fu di mettermi in gioco.  Più che un sogno, fu una sfida. Cambiare la tipologia di lavoro mi avrebbe dato l’opportunità di perseguire l’obiettivo di una scuola dell’integrazione, che incentivasse lo scambio e il confronto tra i Paesi vicini. E poi un giorno avrei forse diretto il mio ex liceo, il Dante di Gorizia. E fu così.

Quale dunque il tuo percorso?

È stata una palestra: la Giacich di Monfalcone, la Virgilio, la media Locchi di Gorizia con la prima sperimentazione di bilinguismo, gli scambi culturali, la mensa e il tempo lungo, i contatti transfrontalieri e internazionali, quindi il vivace Scientifico Buonarroti di Monfalcone, con i primi rapporti con la Cina e lo studio del Cinese, per misurarmi poi con l’interessante complesso iter formativo dell’ISISS D’Annunzio -Max Fabiani. Indimenticabile la celebrazione della caduta del “piccolo muro” divisorio con la Slovenia e l’incontro “ex tempore” al Valico di San Gabriele dei ragazzi dei due licei artistici di Gorizia e Nova Gorica. Qualche anno dopo, fui al mio ex Liceo. Un’esperienza forte rientrarvi da preside, ripercorrere quelle scale, le aule che mi avevano vista crescere adolescente, rivedere i luoghi dell’amicizia, dove professori eccellenti, per lo più di grande umanità, furono sin troppo severi e a volte impietosi, ricordare i mali di pancia per l’ansia incontenibile delle interrogazioni. Ritornare in quella scuola da preside, entrare in quelle classi e varcare la porta di quella della presidenza fu una forte emozione. Precedette quella, straordinaria, che mi portò a varcare le porte di Palazzo Madama. 


Forse non tutti riserverebbero le stesse cortesie ai ricordi delle proprie scuole superiori tanto da volerne fare i presidi…

Vero, ma la mia generazione a quella scuola e ai quei professori devo tanto. Mi hanno consegnato i fondamenti del pensiero critico, la capacità di pormi domande, di interpretare la complessità.

Cosa è scattato poi che ti portò a dedicarti della vita pubblica e quindi alla politica?

No, non scattò qualcosa, preferisco dire che fu la naturale prosecuzione della mia attività nella scuola, dove già si promuovevano iniziative pubbliche come i progetti europei e gli scambi internazionali. Promossi iniziative, in alleanza con alcune personalità di spicco, che vedevano la città di Gorizia e la Regione FVG vocate ad un ruolo di centralità. L’investimento nella politica fu quindi non solo un sentire emozionale ma anche razionale e strategico unito ad una certa familiarità.


Perché familiarità?

I miei genitori erano insegnanti e impegnati nel sociale: mio padre era segretario provinciale di un sindacato scuola e il suo impegno mi aveva stimolata. In quegli anni di movimentismo e di contestazione globale fui una sessantottina ribelle, seppur rispettosa dei limiti che la famiglia richiedeva, una figlia difficile. Ero partecipe alle manifestazioni, e al fermento acceso presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Trieste. In casa discutevamo tanto, di vita, di equità, c’era molto ascolto e discussione. Papà, mancato prematuramente, testimoniò a me e alle mie più giovani sorelle l’importanza di rispettare le opinioni altrui, di non prevaricare, ci diede dimostrazione di apertura e democrazia. 

Richiami grandi valori, sono gli stessi che ritrovi nella società odierna?

In molti casi sì, sono gli stessi. Ma il globale oggi sta sconvolgendo un sistema di vecchie sicurezze e alcuni stereotipi sono in grande mutazione, pensiamo alla nuova stagione dei diritti, impensabili solo un decennio fa. Mi riferisco a nuovi modelli di famiglia, alle unioni civili, ai diritti dei minori e delle donne. Preoccupante la crescita delle disuguaglianze, ampliata in tempo del COVID. Si è ingigantita la forbice sociale tra pubblico e privato, tra Nord e Sud del mondo, e i conflitti sociali in atto da decenni si stanno drammaticamente inasprendo. Questo inciderà sui comportamenti e sui valori, sulla la solidarietà intergenerazionale e sociale.

Torniamo al tuo percorso, da preside a senatrice, quali i passaggi. 

Il mio primo passo in politica, ancora docente, fu nel Consiglio di Quartiere Centro, con il PCI: ci riunivamo in casa Lenassi, di fronte a casa mia. Molti anni dopo, era il 2003, mi ritrovai dietro a un tavolino in Corso Italia, a raccogliere le firme dei passanti, ad ascoltarli, a toccare con mano le loro aspettative, a spiegare gli obiettivi della lista che sostenevo, allora per Riccardo Illy Presidente. Si fermavano genitori e gruppetti di giovani studenti e studentesse a spiare che cosa stesse facendo la loro preside dietro a un tavolino sotto un albero, senza un gazebo, sempre con un ”tailleur rosso” (così anche il titolo del libro che ho scritto dedicato a quell’esperienza ) e,  chi con affetto e chi con qualche risolino, mi chiedeva  più con lo sguardo che con le parole “ Ma Preside, cosa sta facendo? ”. Ricordo il furgone in prestito, una squadra improvvisata e generosa. Nonostante queste difficoltà immergermi nel mondo dei bisogni delle persone fu l’esperienza più importante. La mia convinzione mi portò a tener duro fino in fondo, non entrai in Consiglio Regionale per poco ma entrai a far parte della Commissione Pari Opportunità.

Non mi fermai lì. Era il 2007 e in quegli anni nasceva il Partito Democratico (PD), che avrebbe fuso in sé le anime del centro sinistra. Fu una corsa tutta interna al PD quella che mi vide eletta nell’Assemblea nazionale con Veltroni presidente: la casa politica rispecchiava i miei valori. Ma la strada sarebbe stata ancora tutta in salita: ricopersi vari ruoli interni finché si affacciarono le elezioni nazionali: dal circolo di Gorizia fui incoraggiata a partecipare. Ci pensai seriamente, onorata da un lato, ma preoccupata dal fatto che, per Statuto, le candidature avvenivano con lo strumento delle primarie e dunque, per essere ammessa, avrei dovuto essere votata più di altri aspiranti. Ma il piccolo circolo cittadino mi sostenne, le amiche mi sostennero, mio marito mi sostenne. Come anche tante persone del mio mondo scolastico.

Fu una dura competizione, tutta interna, e anche successivamente per rispettare l’ulteriore obbligo statutario dell’alternanza di genere. Ce la feci e fui finalmente candidata alle politiche nazionali.

Si aprirono quindi le difficoltà sul posizionamento nelle liste ma superai anche quell’ultimo passaggio: le elezioni furono vinte dal mio partito e io qualche tempo dopo subentrai ad altra parlamentare traslocata in Europa. Ed ecco quindi, finalmente, il Senato.

Raccontami il primo giorno in Parlamento.

Entrai dalla porta principale sorpresa per il saluto militare che viene riservato a Senatori e Senatrici. Rimasi senza fiato per la maestà del luogo, colpita dall’eleganza e dal rigido protocollo. Fui subito travolta dalle incombenze degli adempimenti burocratici. Ma altrettanto subito entrai nell’ Aula rosso senatoriale, il cuore dello Stato italiano. Il mio numero di scranno, il 123 cabalisticamente mi sembrò perfetto. Fui accolta con molto garbo e una gentilezza e messa subito a mio agio dai nuovi colleghi. Mi insegnarono come funzionava la scheda personale e le modalità di voto: rosso verde e bianco. Poi la visita al gruppo parlamentare e al mio studio di Piazza Capranica. Ero confusa, frastornata: tutto mi sembrava gigantesco. Un giorno d’estate il battesimo del mio primo intervento pubblico in aula, per caso, coincise con il mio compleanno.

Avevi paura?

Nessuna paura ma tanta emozione per il senso di responsabilità e il contesto, sentivo che stavo rappresentando in Aula anche la mia Gorizia e il mio territorio.  


E le donne che incontrasti? Furono alleate o rivali? Quale lo status delle donne entro il tuo Partito.

Nel mio partito l’attenzione verso le donne è molto cresciuta negli anni (è stata costituita anche la Conferenza Nazionale delle donne di cui io sono una delle due delegate per il FVG) ma, nonostante ciò, va abbattuta ancora una certa resistenza che proviene purtroppo dalle donne che avvallano leadership maschili anzichè sostenere unite nuove leadership femminili. Ci sono anche logiche elettorali in sè positive, ma che nei fatti eludono la vera sostanza delle parità con “finte” alternanze di genere che, così utilizzata, penalizza anziché avvantaggiare l’elezione di una donna, un gioco a scacchi al quale nessuna donna dovrebbe più prestarsi imparando invece a solidarizzare e a sostenere le donne migliori, le più preparate.

Per quanto mi riguarda, io devo molto all’alleanza con le mie colleghe in Senato ed in particolare con quella che io amo definire “il mio angelo custode”, la senatrice Fissore: nei miei primi giorni caotici di lavoro, lei mi prese per mano e mi spiegò tutte le procedure di funzionamento del Senato.

Tu non hai mollato davanti alle difficoltà.

No, mai.  

Vorrei aggiungere che, secondo me, una donna ce la fa se, oltre ad avere forte motivazione e determinazione, ha il sostegno del proprio territorio oltrechè dei propri cari. Io li ho avuti entrambi e in particolare l’incondizionato appoggio di mio marito Aldo che ha rappresentato un punto di saldo riferimento oltre ad essere stato, durante gli anni del mio mandato, “custode della casa” durante le mie trasferte a Roma e in Italia. E’ stato il mio momento di ricarica e di tranquillità. Vuoi sapere se ho vissuto con senso di colpa le mie numerose assenze? Sì certo, ho avuto sensi di colpa, ma non perchè lui me li abbia li ha indotti.

Laura, ora che il tuo mandato in Senato è terminato (per la precisione nel 2018), dove convoglierai tutta la tua carica umana e professionale?

Sento intorno a me l’affetto della gente che mi interroga sul futuro della città con grande preoccupazione. Un affetto che tento di ripagare impegnandomi ancora per il mio territorio e avvalendomi di una positiva rete di relazioni che, nel rispetto dei canali istituzionali, ho mantenuto come il Regolamento del Senato consente agli ex parlamentari, costituiti in rete associativa. 

Ad esempio sono ben felice che il raccordo GORIZIA Nova Gorica sia approdato a buon fine, con il conseguente rilancio di SDAG e che la Zona Logistica Semplificata ZLSR / ZES anche per GORIZIA e provincia abbia trovato la felice approvazione trasversale della Giunta e del Consiglio regionale. 

Do una mano in questi tempi di grandi preoccupazioni per la mia città. 

Ha mai pensato di candidarti Sindaco a Gorizia?

Trovo prematuro parlarne. Comunque una candidatura deve prima essere proposta per essere valutata e la cosa non dipende da me.

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